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Ricerca, le nanotecnologie che cambieranno l’ortopedia

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Tutti i sistemi viventi sono governati da comportamenti molecolari a scala nanometrica: persino l’osso è un nanomateriale. La ricerca porterà a una nuova generazione di protesi articolari, in grado di interagire con cellule e tessuti

dott. parchi“Sono entrato nel mondo delle nanomedicina nel 2009, quasi per caso, parlando davanti alla macchinetta del caffè con un giovane ricercatore, Vittorio Orazio, ora professore associato al Children’s Cancer Institute di Sydney, in Australia. Mostrandomi una provetta con del liquido scuro mi ha chiesto “sai cos’è?” e, alla mia risposta negativa, mi ha detto “nanotubi in carbonio”. Da lì è iniziata la nostra esperienza con le nanotecnologie”.
A raccontare questo episodio è Paolo Domenico Parchi, medico chirurgo specialista in ortopedia e traumatologia e ricercatore presso la I Clinica ortopedica dell’Università di Pisa. Nei primi due giorni di dicembre, Parchi presiederà l’incontro annuale della Società italiana di ricerca in ortopedia e traumatologia (Iors), che quest’anno si terrà appunto a Pisa, città da sempre animata da una forte passione per la ricerca e l’innovazione.

Su quali materiali si può agire a livello nanometrico?
nanotecnologie_670x377I nanomateriali possono essere di varia natura: metallici, ceramici, polimerici, organici, compositi. Presentano una topografia di superficie nanometrica o sono costituti da componenti nanometriche, con una dimensione almeno inferiore a 100 nm. Ad esempio, i materiali nanostrutturati sono costituiti da componenti basali da uno a 100 nanometri; dimensioni dello stesso ordine sono i grani di solidi cristallini (nanocristalli), i diametri delle nanofibre, rivestimenti (nanocoating) e nanoparticelle.
La scala nanometrica è importante perché a livello “nano” entrano in gioco leggi fisiche diverse da quelle che prevalgono alle dimensioni che ci sono più abituali, conferendo ai materiali nuove proprietà fisiche che ad esempio possono essere sfruttate per migliorarne l’interazione con i tessuti umani.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

In che modo queste tecnologie possono essere applicate in ambito medico?
Le nanotecnologie sono considerate il break-through event nelle scienze mediche applicate, con un mercato mondiale di nanotecnologie in ambito biomedicale che, secondo le stime, supererà i 196 miliardi di dollari nel 2020. E la chirurgia ortopedica è sicuramente uno dei più importanti settori clinici che potranno beneficiare di questa rivoluzione.
Tutti i sistemi viventi sono governati da comportamenti molecolari a scala nanometrica. I blocchi molecolari della vita – le proteine, gli acidi nucleici, i lipidi e i carboidrati – sono esempi di materiali che possiedono proprietà uniche, determinate dalle loro caratteristiche a livello della nanoscala. Il tessuto osseo, in particolare, possiede sia proteine, come il collagene, che ceramiche, idrossiapatite e altri fosfati di calcio, che hanno dimensioni fondamentali inferiori a 100 nm in almeno una direzione. Possiamo infatti considerare l’osso come una composizione di nanomateriali biologici. Quando si esamina la ruvidità della superficie dell’osso, si vede chiaramente che si tratta di un nanomateriale. Per queste ragioni, le cellule del nostro corpo sono naturalmente predisposte a interagire con superfici nanostrutturate.

ortopedia2_800x526Quali utilizzi si configurano in medicina e, in particolare, in ortopedia?
Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito a un utilizzo sempre più ampio di nanotecnologie in diverse discipline mediche, dal trattamento delle infezioni resistenti agli antibiotici, alla terapia genica e al rilascio di chemioterapici nel tumore.
Nello specifico, in campo ortopedico sono molteplici gli esempi di utilizzo di materiali nanostrutturati e nanoparticelle: limitandoci solo ad alcuni esempi, ricordiamo la creazione di scaffold bioattivi per favorire la rigenerazione tissutale, l’utilizzo di nanoparticelle per drug delivery e homing cellulare, lo sviluppo di superfici bioattive per favorire l’osteointegrazione degli impianti protesici.
Entrando più nello specifico degli impianti ortopedici, nella maggior parte dei casi essi hanno una geometria di superficie che si presenta liscia a livello nanometrico; rendendo queste superfici nanostrutturate è possibile migliorare le proprietà di superficie degli impianti creando un ambiente più favorevole per la crescita ossea.
L’utilizzo delle nanotecnologie è stato testato su un’ampia gamma di materiali come metalli, ceramiche, polimeri e compositi, nanostrutturandone la superficie o mediante l’aggiunta di nanomateriali, ovvero grani o particelle con almeno una dimensione da 1 a 100 nm. Questi nanomateriali hanno dimostrato proprietà superiori rispetto alle loro controparti convenzionali a causa delle caratteristiche fisico-chimiche che assumono quando si presentano a nanoscala. La presenza di una superficie nanostrutturata su impianti tradizionali può controllare le interazioni proteiche così da diminuire la crescita di tessuto cicatriziale, diminuire la crescita batterica e promuovere l’osteointegrazione. La sola presenza di una determinata nanotopografia superficiale, ad esempio, è in grado di favorire il differenziamento cellulare verso una determinata linea, ad esempio osso o cartilagine, senza la necessità di ulteriori fattori di crescita, ma soltanto attraverso gli stimoli fisici che induce sulle cellule da cui viene colonizzata.
L’utilizzo delle nanotecnologie porterà allo sviluppo di una nuova generazione di impianti ortopedici “intelligenti”, direttamente in grado di interagire positivamente con le cellule e i tessuti circostanti e così accelerare la ripresa del paziente.

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Quali centri di ricerca stanno studiando queste tecnologie?
In Italia e nel mondo vi sono numerosi centri di ricerca che si occupano di nanotecnologie in ambito ortopedico ed è impossibile citarli tutti. Nel mondo sicuramente spiccano il Thomas Webster dell’Università di Boston, da sempre impegnato nello sviluppo di materiali nanostrutturati per impianti ortopedici, e Alfred Cuschieri dell’Università di Dundee, tra i principali esperti di nanotecnologie in ambito oncologico. In Italia tra i più importanti centri per la ricerca in ambito nanotecnologico annoveriamo l’Università di Pisa, l’Università di Milano, l’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna, il Nest Lab della Scuola normale superiore di Pisa e l’Istituto di scienza e tecnologia dei materiali ceramici del Cnr di Faenza.
Per meglio comprendere l’impatto che le nanotecnologie avranno in ambito clinico basti pensare alla possibilità in un futuro non troppo lontano di guidare la rigenerazione dei nervi periferici lesionati utilizzando nanoparticelle magnetiche e un campo magnetico esterno (attività di ricerca svolta in collaborazione con Vittoria Raffa dell’Unità di biologia cellulare dell’Università di Pisa) o alla possibilità di nanostrutturare la superficie degli impianti protesici in modo da garantirne una rapida e stabile osteointegrazione (attività di ricerca svolta in collaborazione con Marco Cecchini del laboratorio Nest della Scuola normale superiore di Pisa) (2). Altre applicazioni sono già disponibili per l’utilizzo clinico, come uno scaffold per rigenerazione ossea prodotto da una nota ditta italiana, in cui nanocristalli di magnesio-idrossiapatite vengono enucleati su fibre di collagene così da creare una struttura molto simile all’osso umano (scaffold biomimetico).

 

Dottor Parchi, ha citato alcuni esempi che la coinvolgono in prima persona, può entrare nel dettaglio di queste ricerche?
Per quanto riguarda la rigenerazione dei nervi periferici, abbiamo proposto l’immobilizzazione di fattori di crescita su nanoparticelle magnetiche per controllarne il rilascio all’interno di neurocondotti sintetici normalmente utilizzati per la riparazione di lesioni, appunto, dei nervi periferici. I nostri risultati (3) hanno rilevato che l’iniezione di un cocktail di nanoparticelle magnetiche funzionalizzate con il fattore di crescita nervoso e con il fattore di crescita vascolare determina una importante accelerazione del processo di rigenerazione e di recupero della funzione del nervo rispetto a quello ottenuto utilizzando i soli fattori di crescita liberi. Le nanoparticelle magnetiche inoltre possono essere sfruttate per trazionare meccanicamente, attraverso un campo magnetico esterno, il nervo in modo da accelerarne e guidarne il processo rigenerativo che normalmente avviene molto lentamente.
Per quanto riguarda gli studi sull’osteointegrazione degli impianti ortopedici abbiamo evidenziato in vitro come la presenza di una determinata nanotopografia superficiale (alternanza di picchi e gole con una specifica periodicità) sia in grado di promuovere la differenziazione di cellule mesenchimali in senso osteogenico in assenza di fattori di crescita. Il contatto con la nanostruttura determina un cambiamento nell’organizzazione del citoscheletro della cellula, che si traduce in uno stimolo per il nucleo che controlla il destino differenziativo della cellula stessa; questo processo, in cui uno stimolo meccanico è convertito in uno stimolo biologico, si chiama meccanotrasduzione e potrebbe essere una delle chiavi di volta per creare nuove generazioni di impianti ortopedici “intelligenti”.

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